Oggi 30 anni fa i Bon Jovi si esibirono al Forum di Assago, concerto evento trasmesso in TV dalla storica Videomusic, canale TV punto di riferimento in quegli anni di tutta la musica. E’ stato il quinto concerto della storia dei Bon Jovi in Italia dopo i primi quattro del Tour di New Jersey nel 1988, Firenze, Roma e due a Milano nell’allora Palatrussardi.

L’album Keep The Faith era stato pubblicato il 2 novembre 1992, album che ha segnato uno dei crocevia della lunga storia dei Bon Jovi. Per questo vi invitiamo a leggere il nostro SPECIALE KEEP THE FAITH pubblicato per i 30 anni dall’uscita dell’album.

Qualche giorno prima di quel concerto a Jon venne chiesto: “Come saranno i Bon Jovi tra 20 o 30 anni?”

Noi siamo cresciuti chiedendoci perchè i Van Halen si siano separati. Non vogliamo fare una cosa del genere, sarebbe un peccato. Se sarà ancora divertente saremo ancora qui, altrimenti ci troverete in un bar a farci una birra insieme. Ma onestamente non lo so davvero cosa sarà tra 20 o 30 anni – JBJ, aprile 1993

I Bon Jovi di allora erano naturalmente Jon, Richie, David, Tico e Alec (RIP)

Per rivivere quelle atmosfere vi invitiamo a leggere l’articolo de La Repubblica a cura di Giacomo Pellicciotti che ringraziamo di cuore, pubblicato due giorni dopo il concerto. Articolo che va contestualizzato in quegli anni, siamo nel 1993, 30 anni fa. Buona lettura

La Repubblica – Archivio 8 aprile 1993
BON JOVI, LE LUCI DEL ROCK PURO

“Traslocati a grande richiesta dal Palatrussardi di Milano al Forum di Assago per accogliere almeno tredicimila ultras in delirio, nell’ unico concerto italiano i Bon Jovi (Jon Bongiovi, Richie Sambora, David Bryan, Tico Torres e Alec John Such) hanno scatenato quasi un terremoto. Un pacifico terremoto di formidabili botti pirotecnici, diluvi di luci conturbanti, canzoni da cori vertiginosi, dosi abbondanti di rock’ n’ roll – puro e semplice rock’ n’ roll senza additivi – tanto spettacolo, divertimento ed emozioni a catena. E dire che dopo la “vacanza” di due anni e dopo l’ uscita dell’ ultimo album Keep The Faith, le voci più maligne davano un po’ in calo le azioni della band. Nulla di più falso: la ditta pop-rock da più di 30 milioni di copie vendute ha colpito ancora. E anche se la musica è più o meno la stessa, la band conosce a meraviglia l’ arte di catturare la folla per almeno due ore contagiosissime.

Già la scena dell’ happening dal vivo fa invidia ai più ricchi kolossal di Spielberg: un’ enorme struttura sospesa a fungo sul palco sovrasta quasi minacciosa la lunga pedana dei musicisti. E’ il gigantesco, mostruoso parco-luci dei Bon Jovi. A partire dal brano d’ esordio I Believe, una foresta di fasci di luce colorati invade l’ interno del Forum. Subito dopo, arriva il bianco accecante che illumina a giorno 26mila braccia alzate di gioia. E la prima bordata tremenda di fuochi d’ artificio saluta alla grande il decollo del concerto.

“Buona sera, miei amici di Milano!”, urla accattivante Jon il monello, con la zazzera molto accorciata rispetto al solito. Ma la riserva energetica è sempre intatta, corre a perdifiato per tutto il palco, si sporge sui corpi frementi delle prime file a ramazzare decine di mani, si getta perfino nella fossa dei leoni, tra i gorilla del servizio d’ ordine e i fan più sfacciati, e canta col suo timbro di voce un po’ acidulo gli hit nuovi e più codificati del repertorio Bon Jovi. Chissà perchè, all’ epoca dello schiacciante successo dell’ album Slippery when wet (1986), qualcuno inventò per loro la favola dell’ heavy-metal a colori bianchi, leggeri. La musica dei Bon Jovi non è nè dura, nè stratosferica, ma ripesca nell’ immmenso calderone del pop-rock con maramalda insolenza, fino a rendere assai appetitoso il menu.

Nella chitarra del bravo Richie Sambora, si possono riconoscere perfino echi di Carlos Santana. In una plateale e gustosa sequenza solo strumentale, le tastiere “honky-tonky” di David Bryan, il basso di Alec John Such e la batteria semovente e tellurica di Tico Torres sembrano tanto Emerson, Lake & Palmer ringiovaniti per l’ occasione. Non saranno molto originali i Bon Jovi, ma ripropongono una miscela di sicura presa popolare, la suonano benissimo e certe romantiche ballate finiscono per intenerire le ragazze fino alla commozione.

Jon Bongiovi è un sex-symbol sbarazzino e simpatico. Insomma una serata piacevole, fragorosa, d’ ipnotica qualità, con un light-show fin troppo ambizioso, che a momenti quasi schiaccia la musica. Tra i brani dilatati in ampie kermesse spettacolari, molto acclamati i più recenti Bed of Roses, Dry County e I’ ll Sleep When I’ m Dead, e la sorpesa e piacevole In These Arms, oltre agli inevitabili ripescaggi di classici come Wild In The Streets, You Give Love A Bad Name, Wanted Dead or Alive e Livin’ On A Prayer. Alla fine, quando ormai la carrellata dei bis sta assumendo i contorni dell’ epopea,

Jon il seduttore piazza a sorpresa il suo colpo proibito con speciale dedica ai suoi amici di Milano: With A Little Help From My Friends dei Beatles, ma nella versione soul di Joe Cocker. Impossibile resistere a tanta grazia.”