“It’s My Life”! È la mia vita e corrisponde all’adolescenza di alcuni di noi! Ma Jon Bon Jovi ha saputo fare appello a diverse generazioni, rinnovandosi in modo trasversale, e ora il musicista è più vivo che mai. Siamo di fronte a una vera e propria “leggenda vivente”. È in forma, bello, umile ed è ancora dentro alla sua carriera di artista: leader carismatico e uno dei frontman più incredibili del panorama musicale mondiale. Dal suo primo palco, nel cuore degli anni ’80, ’90, 2000 e ora negli anni ’20 di questo millennio! Ladies and Gentlemen, Mr Jon Bon Jovi!

Nel tuo ultimo album “Bon Jovi 2020” hai scritto Story Of Love dedicata alla tua famiglia e nel video ne racconti la storia. La pandemia ha influito nella creazione della canzone?

Il processo di creazione di questo album è iniziato a marzo 2019 e quando pensavamo che l’album fosse completo è arrivata la pandemia. E’ un album con significati profondi e allora lo abbiamo posticipato e ho deciso di lavorarci ancora un pò. Inclusa questa canzone perché durante la pandemia credo che la famiglia abbia acquisito un significato diverso. Questa esperienza per alcuni aspetti è stata positiva per me perché ho riscoperto e visto con occhio nuovo il mio rapporto con la mia famiglia. Vent’anni fa ho scritto una canzone per mia figlia Stephanie (“I Got the Girl” – Crush 2000) allora gli altri miei tre figli hanno detto “quando scriverai una canzone anche per noi? Eccola! Mentre scrivevo questa nuova canzone ho capito che stavo scrivendo sul ciclo della vita. Questo testo richiede una certa esperienza di vita. Non potevo scriverla quando avevo 29 o 39 anni. Al giorno d’oggi non sono nè giovane ma non sono nemmeno vecchio, sono ancora in movimento! Sicuramente ho vissuto più giorni di quanti me ne restano.

Com’è il tuo processo di scrittura al giorno d’oggi?

Sono molto più calmo nel processo di scrittura delle canzoni, non cè più frenesia come tanti anni fa. Sono arrivato al punto in cui posso scrivere una riga, fermarmi, alzarmi e scrivere altre due righe il giorno dopo. Scrivo sul mio taccuino quando sto lavorando a una nuova canzone, poi le quattro righe si trasformano in mezza pagina, e poi questa mezza pagina davanti a me si riempie con il testo. Ho parlato con Sir Paul (McCartney) sulla stesura dei testi. Mi ha detto che i Beatles scrivevano tutte le loro canzoni in un giorno. La loro unica canzone che non hanno finito è Baby You Can Drive My Car. Da tanti anni Paul non scrive più così. Scrivere Wanted Dead or Alive in un giorno non è un crimine, si può fare. Mi ci vuole più tempo ed esperienza per scrivere altre canzoni.

Da quando hai iniziato a fare musica questo settore è cambiato enormemente, sono passati quasi 40 anni, ora è stato quasi completamente digitalizzato. Come hai vissuto questo cambiamento?

Quando ero più giovane , aspettavamo con ansia di ascoltare una canzone alla radio, compravamo un album con la nostra paghetta settimanale, guardavamo e ammiravamo la copertina, quelle dieci canzoni si ascoltavano ininterrottamente, si leggevano i testi e chi li aveva scritti, quell’album era tutto per noi. Poi piano piano gli album non hanno più avuto molta importanza. Ora ci sono solo i singoli. Tanti singoli. Gli album si sgretolano e le canzoni si vendono una per una. Questa situazione mi rende un pò triste, perché non si ascoltano più tutte le canzoni dell’album, è come avere scritto un libro di dieci capitoli e qualcuno legge solo un capitolo o due. Però bisogna in qualche modo adattarsi. Oggi sono un musicista e songwriter, sono un A&R dell’etichetta discografica, indirizzo direttamente il loro lavoro su quello che vorrei fare e scrivere. Quando è iniziato questo ciclo, l’intero modello di business è crollato. Ovviamente 10 milioni di album in questo sistema basato sullo streaming non si vendono più, non accadrà mai più. E questo ha cambiato per sempre la forma della nostra arte. Però so che i grandi vecchi artisti come me non lo accettano, è dura, ma noi continuiamo a lottare.

Cosa ne pensi dei nuovi musicisti, ascolti altra musica?

Nell’anno appena passato e nell’era Covid-19 è diventata quasi una sfida per me. Ho un abbonamento a Spotify e adoro ascoltare tutto. Ho consumato centinaia di canzoni. Quando siamo in Tour, chiunque ascolta musica e ti fai un’idea su quello che ascolta la gente. Ora in generale sono aperto ai suggerimenti dei miei figli e dei miei cari, però c’è questo algoritmo di Spotify che ti suggerisce qualcosa, ma quello che ti consiglia è esattamente ciò che ascoltano in famiglia e quindi è un circolo chiuso e non se ne esce. Ho visto tanti concerti in TV di tanti altri nuovi artisti, ma molti non fanno per me, cerco ispirazione altrove e vedo che ci sono tanti bravi cantautori in giro che fanno grande musica, e allora “rivedo la luce”!

Grazie a GQ Turkey Hype by @david_roemer

JON BON JOVI ’21 – Rivista speciale 24 pagine con intervista e servizio fotografico completo – Formato PDF – 24 pag

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